Stray, meglio noto come “quel gioco col gatto”, è una piccola perla che si aggiunge alla collana di esperienze videoludiche pubblicate da Annapurna Interactive, di cui abbiamo già parlato recentemente per The Lost Wild.
Dobbiamo ammettere che qui in redazione inizialmente avevamo decisamente sottovalutato il gioco, ma dopo aver fatto una prima rana abbiamo deciso che meritava decisamente fare un discorso più approfondito perché quello che all’apparenza sembra semplicemente un gioco buffo in cui si comanda un gatto, si rivela in realtà essere una riflessione sulla natura e la speranza.

Attenzione: questo articolo contiene spoiler su tutta la storia del gioco Se siete interessati a giocarlo e non volete avere anticipazioni smettete di leggere adesso. Noi vi abbiamo avvisato…

 

Stray ha un worldbuilding di qualità.

Stray ci porta in una città sotterranea abitata esclusivamente da robot dopo che il mondo è andato incontro a una catastrofe che ha spazzato via l’umanità. Questo tecnicamente lo fa rientrare nel genere post apocalittico e le atmosfere della città hanno un fortissimo stile cyberpunk, non vi aspettate però le mega-corporazioni alla Cyberpunk 2077 o gli scontri a fuoco di Metro Exodus, il mondo di Stray e tutto sommato tranquillo soprattutto dal nostro basso e peloso punto di vista. Il gioco Infatti ci mette nei panni di un gatto randagio (“stray” può proprio significare “randagio” n.d.r) che, dopo aver fortuitamente indossato una IA, dovrà trovare un modo per abbandonare questa città sotterranea è uscire nel favoleggiato “mondo esterno” che dovrebbe esistere al di fuori dei suoi confini.

La meccanica di gioco fondamentale di Stray è quella di parlare con i PNG per raccogliere indizi che ci permetteranno di andare avanti con la nostra missione, cioè quella di trovare un uscita per la città sotterranea abitata da robot in cui ci troviamo all’inizio del gioco. Da questo punto di vista probabilmente il termine di paragone più vicino che possiamo trovare per questo gioco è quello delle vecchie avventure grafiche “punta e clicca” alla Monkey Island e gli sviluppatori della BlueTwelve Studio hanno fatto un ottimo lavoro nel renderla parte integrante del processo di apprendimento del mondo di gioco. Ogni volta che parleremo con uno dei robot non solo ricaveremo le informazioni che ci servono per andare avanti nel gioco, ma avremo la possibilità di vivere un piccolo “slice of life” del personaggio che ci permetterà di comprendere meglio il Bizzarro mondo post apocalittico in cui ci muoviamo (Probabilmente il preferito della redazione è il robot sdraiato sul tetto degli Slums che guarda le “stelle” che in realtà sono solo luci sul tetto della città).

Abbiamo trovato molto interessante come nel gioco il mondo all’esterno alla città diventi una sorta di allegoria dell’aldilà per la sua popolazione robotica.

Dopo centinaia di anni sotto terra lo stesso concetto di mondo esterno ha cominciato a mutare nella popolazione e parlando con i vari PNG che popolano il mondo avremo la possibilità di vedere come reagiscono diversamente allo stesso concetto: alcuni ne avevano paura, perché era sconosciuto e per i rischi che avrebbero corso per arrivarci, alcuni ne hanno creato un concetto distorto e disorientante (come gli Outsiders) e altri non credevano nemmeno che esistesse (pensate al robot di Midtown seduto a leggere un libro e a filosofare sulla “metafora” dell’esterno”). Un discorso analogo potremmo farlo sugli esseri umani che, dopo essere spariti, sono diventati una sorta di mito della creazione per i robot. Durante il gioco ne sentiremo parlare in maniera praticamente sentimentale da parte degli abitanti della città.

 

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Stray e la filosofia della speranza.

Nonostante l’ambientazione permetta il contrario, Stray è un gioco incredibilmente confortante per il giocatore.

Stray contraddice uno dei canoni fondanti del cyberpunk, per quanto l’avventura sia ambientata in un mondo distrofico è letteralmente post-apocalittico, l’intero gioco è stato pensato per essere pieno di speranza e per certi versi anche per confortare il giocatore. Al di là del fatto di avere un adorabile gattino come protagonista, include meccaniche deliberatamente superflue, ma carine come graffiare i tappeti o fare un pisolino appallottolandosi su un cuscino, permettendoci di vivere momenti di una normalità rassicurante nonostante la desolazione del mondo in cui ci stiamo muovendo.

Questa caratteristica si estende anche alla maggior parte dei PNG con cui avremo a che fare: in Stray tutti i personaggi che incontreremo saranno pronti ad aiutarci nel nostro viaggio e, anche se sognano il mondo esterno, si metteranno disinteressatamente in pericolo o resteranno indietro solo per permettere a noi di proseguire. Anche quelli che potremmo considerare gli antagonisti del gioco, i robot di sicurezza, non agiranno con alcun tipo di reale intento malevolo: i protocolli che seguono lascito di un periodo in cui il mondo esterno era effettivamente pericoloso e tenerci rinchiusi sotto terra era qualcosa che facevano per il nostro interesse, per quanto adesso la situazione sia cambiata, dal loro punto di vista loro sono lì per aiutarci.

Stray fino alla fine Cerca di trasmettere un senso di speranza al giocatore anche nelle situazioni più disperate.

La filosofia del gioco viene detta in maniera praticamente esplicita durante il discorso di Clementine che, ben sapendo che non avrebbe mai potuto lasciare la prigione insieme a noi, aiuta il nostro protagonista ha quattro zampe a scappare perché anche solo l’idea che qualcuno possa essere libero, anche se non lei stessa, le basta per poter andare avanti. Un discorso analogo anche se decisamente più estremo è quello di B-12 che deciderà letteralmente di sacrificare se stesso per permetterci di aprire “l’ultima porta”: l’immagine del gattino arancione rannicchiato con il suo amico sul pavimento della Sala di Controllo e probabilmente una delle più forti del gioco.

Alla fine l’intero Stray è un allegoria del concetto che per quanto possano succedere disgrazie apparentemente insormontabili non bisogna mai perdere la speranza, questo è rappresentato nel gioco dalla distruzione dell’umanità che, per quanto siamo Istintivamente portati ad associarla alla fine di ogni cosa, in realtà per il gatto e per gli abitanti della città sotterranea rappresentano un nuovo inizio pieno di nuove possibilità e, anche in un mondo in cui le persone si sono estinte, l’amore e la speranza possono ancora prosperare.

 

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