Salt and Sacrifice, edito da Ska Studios, è un gioco ambizioso che cerca di unire le atmosfere di Dark Souls con lo stile paltforming e hack and slash dei più classici giochi metrovania. Per quanto il gioco sia molto bravo a creare atmosfere evocative e a dar vita a una narrativa interessante la parte tecnica lascia molto a desiderare.
Il gioco è disponibile per PlayStation 4/5 e per PC
Salt and Sacrifice ci mette nei panni di un Marked Inquisitor, un potente guerriero tornato dalla morte per pattugliare le terre dei mortali e salvare il mondo dalla corruzione portata dai Maghi. Per viaggiare da un luogo all’altro useremo un portale runico che ci trasporterà in qualsiasi luogo in cui le parole runiche possono viaggiare dall’umido villaggio di Ashborne alle aride rovine di Bol Gerahn fino agli altopiani ghiacciati di Dreadstone Peak. Sebbene ci siano solo una manciata di biomi, sono sono tutti vasti e dattagliati. Ci sono un sacco di grotte e villaggi da scoprire e paesaggi verticali da attraversare. Queste terre ci permetteranno di farci le ossa in battaglia, sconfiggendo i vari troll, ragni e lupi che oseranno mettersi sulla nostra strada.
I Maghi a cui danno la caccia i Marked Inquisitors un tempo erano persone normali finché non hanno portato la loro magia troppo oltre. Sono diventate mostruosità che incarnano elemento in cui si erano specializzati prima di cadere, come piromanzia, veleno o cronomanzia, e ognuno rappresenta una notevole minaccia per il giocatore. Imbarcarsi in una caccia incarica un Inquisitore di rintracciare questi mostruosi maghi e ucciderne i servitori prima che il boss riesca a scappare in un’altra area. Il processo si ripete finché il mago non arriva all’arena prevista per la battaglia finale, dove il loro potere potra essere rimosso per sempre consumendone il cuore

Salt and Sacrifice metta le “Cacce ai Maghi” come suo punto centrale del game loop, ma nella maggior parte dei casi sono estremamente fastidiose. In un gioco come questo che si dichiara essere stirato a titoli come Dark Soul la cosa più importante del combattimento dovrebbe essere quella di imparare quali sono le sequenze d’attacco dei Boss (i maghi che gli inquisitori ci hanno mandato a cacciare n.d.r.) e anche dei nemici per poter rispondere in maniera adeguata, in pratica la soddisfazione che si ricava dal gioco dovrebbe essere quella di diventare sempre più bravi a riconoscere anticipare gli attacchi che potrebbero farci fuori, in questo caso però l’esperienza di gioco effettiva è molto diversa la maggior parte dei Boss non avere e proprie sequenze d’attacco o schemi che si possano imparare ma si limita scagliarsi contro a ripetizione attacchi che fondamentalmente sono in grado di ucciderci con un colpo nonostante ci siamo arrivati davanti con armi e armature al massimo di quello che potevamo indossare, il tutto mentre veniamo subissati da orde di Minion che ci vengono continuamente spalmati addosso solo per aumentare artificialmente la difficoltà dello scontro.
In pratica in Salt and Sacrifice non abbiamo mai quella sensazione di aver imparato qualcosa dopo aver sconfitto uno dei boss Ma semplicemente quella di aver avuto fortuna ed essere riuscito a sconfiggerlo.
Battere un mago e consumare il suo cuore garantisce una serie di oggetti che possono essere trasformati in armature e armi normalmente collegate ai poteri specifici di quel mago e dei suoi attacchi fisici o elementari (fuoco, freddo, luce, oscurità e veleno). I maghi possono essere trovati anche al di fuori delle missioni di caccia, consentendo di raccogliere più materiali per creare un intero set di equipaggiamento tematico.
Questa è una di quelle parti del gioco che abbiamo molto apprezzato perché permette di darsi degli obiettivi personali e creare una propria narrativa è una propria missione all’interno di quello che è il frame più generale del gioco. Lo stesso sistema di Crafting e anche veloce da imparare non richiede una quantità di farming fuori dall’ordinario. Tutto questo però viene praticamente annullato per colpa del sistema di leveling del gioco.




