<<Da quando esistono i giochi di ruolo esistono parallelamente videogiochi che cercano di ricrearne le atmosfere, anche se aggiungere una progressione a livelli al personaggio ed acquisire i copyright per ambientazioni famose di solito non è sufficiente. Dei molti videogiochi che ci hanno provato probabilmente il primo a esserci realmente riuscito è “Planescape: Torment”. Nonostante siano oramai passati praticamente 20 anni dalla sua pubblicazione è ancora oggi considerato un must-have nella libreria di qualsiasi videogiocatore di ruolo.>>
Planescape: Torment ebbe un’uscita travagliata
Torment è stato pubblicato per la prima volta nel 1999 dalla Interplay, ma a crearlo è stata la Black Isle Studios, con Chris Avellone come Lead Designer (ricordate questi ultimi due nomi perché nella storia del videogioco di ruolo li sentirete molto spesso) e, nonostante l’uscita tattica nel periodo natalizio, all’inizio il gioco non ebbe un grande successo.
All’epoca la scena dei videogiochi di ruolo era dominata da titoli come Diablo incentrati principalmente sul combattimento e sull’esplorazione della mappa, ma che avevano trame incredibilmente classiche “un cattivone è arrivato dal nulla e adesso tu che sei l’eroe devi salvare il regno”.
Anche titoli più incentrati sul racconto, come il contemporaneo Baldur’s Gate, avevano comunque trame molto lineari “dei briganti hanno ucciso tuo patrigno, scopri chi li ha mandati e vendicati” (anche se nel finale c’è ovviamente un colpo di scena, ma non lo riveleremo qui).

Questo aveva portato il pubblico più maturo ed esigente a disaffezionarsi al concetto stesso di videogioco di ruolo e aveva quindi ignorato del tutto l’uscita di Planescape: Torment, dando per scontato che fosse da assimilare ai titoli precedenti. Al contrario altri a cui piaceva questo stile di narrazione lineare, più incentrato sul combattimento che sulla storia, acquistarono il titolo, ne rimasero molto perplessi e ne fecero recensioni abbastanza negative … si era già cominciata l’era di internet.

L’ambientazione stessa lo separava da altri giochi del suo stesso genere: il Planscape a cui si riferisce il titolo “Planescape: Torment” è una delle ambientazioni meno conosciute di Dungeons & Dragons.
All’epoca probabilmente ancora meno conosciuta che oggigiorno.
Non è il classico mondo Fantasy in cui possiamo trovare nani, elfi, goblin e maghi, ma un complicato intreccio di piani di realtà alternative popolato da creature che sono una rappresentazione allegorica incarnata dei concetti di bene, male, legge e caos, in cui la magia non è riservata ad alcuni stregoni chiusi nella loro Torri, ma permea tutta la realtà del gioco creando un ambiente a tratti surreale, in cui le strade cambiano direzione di volontà propria e aprire una porta nel modo sbagliato potrebbe catapultarti in un’avventura onirica.
Inutile dire che molti ne rimasero disorientati, si aspettavano il Signore degli anelli e si ritrovarono in un viaggio acido diretto da David Lynch.
Un chiaro intento autoriale
Tutto questo però era voluto. Dietro Torment c’è un intento autoriale preciso da parte di Chris Avellone:”Planescape: Torment” avrebbe dovuto allontanarsi da quelli che erano i canoni del genere dall’epoca per stabilire un nuovo paradigma per quanto riguarda il videogioco di ruolo. Il documento di Concept che fu creato nelle fasi iniziali del gioco, quando il titolo era ancora Planescape: Last Rites, suona più come un manifesto di intenti che come un documento di revisione.
La Black Isle Studios con “Planescape: Torment” non voleva assolutamente creare un’altra storia di spada e magia che seguisse le gesta di qualche eroe leggendario, ma al contrario creare un vero e proprio dramma (c’è chi l’ha definito un opera shakespeariana) che portasse il giocatore stesso a un viaggio di introspezione sulla natura delle scelte che definiscono una persona.
Questo è reso esplicito alla domanda che ci viene posta e riposta molte volte durante il corso del gioco “che cosa può cambiare la natura di un uomo?”

Avellone per tutto Planescape: Torment non fa altro che sovvertire le aspettative del giocatore prendendo i trope classici del fantasy e dei vari adattamenti videoludici del gioco di ruolo per poi ribaltarli in maniera inaspettata.
I combattimenti epici sono volutamente pochi e nella maggior parte dei casi anche quei pochi possono essere evitati semplicemente usando l’astuzia e il buon senso, non ci sono oscuri signori che cercano di conquistare il mondo, nè principesse in pericolo rapite dai draghi; l’ambientazione è prettamente urbana anche se Sigil, la città dove si svolge la maggior parte della nostra avventura, non è sicuramente il borgo medievale caro a Tolkien, ma una metropoli dalle dimensioni inconcepibili situata al centro del multiverso, dove Angeli e Demoni camminano tranquillamente per la strada e potrebbe capitare di doverti realmente cavare un occhio dalla testa per pagare i debiti con un mercante.
la natura di un uomo
Il nostro protagonista non sarà fatto più convenzionale e l’ambiente in cui si svolge la sua avventura. Non saremo né un cavaliere dalla scintillante armatura né un furfante dal cuore d’oro, ma un povero derelitto, il Nameless One (Senza Nome in italiano), che sembra una versione di Conan il barbaro durante una fase goth-metal adolescenziale, a cui un giorno è capitato un particolare imprevisto: si è svegliato sul tavolo di un obitorio, totalmente privo di ricordi, per scoprire di essere stato “maledetto all’immortalità”.

Da qui inizia la nostra avventura alla ricerca della propria stessa identità, nella forma di un fantomatico diario su cui noi avremmo trascritto i nostri ricordi tra cui quello più importante: il nostro nome.
È già dal suo inizio “Planescape: Torment” comincia a sbeffeggiare i videogiochi di ruolo che l’hanno preceduto.
Il Nameless One non è il classico eroe che scrive sul suo diario le missioni che deve intraprendere (il trucco usato nei videogiochi per ricordare al giocatore quali sono i compiti che deve eseguire). Non è dotato di un immortalità virtuale data dal fatto che ogni volta che il giocatore muore ricarica il salvataggio precedente, ma è realmente incapace di morire. Condannato a rialzarsi ogni volta nella stanza dell’obitorio privo di memoria ogni volta che i fatti del gioco lo porteranno alla sconfitta, costretto alla ricerca del suo diario per potersi ricordare chi è, nella speranza che questo lo aiuti a interrompere l’eterno ciclo di rinascite che lo sta lentamente portando alla follia.
Nel corso dei nostri viaggi incontreremo altri personaggi bizzarri, alcuni dei quali decideranno di aggregarsi a noi e seguirci nelle nostre avventure, come Dak’kon, il sacerdote guerriero in crisi con la sua fede, o Nordrom, un piccolo robot che ha deciso di ribellarsi alla intransigente società di uomini meccanici a cui apparteneva, ma che ora non è in grado di vivere al di fuori di quella società rigidamente regolamentata.
Ognuno di loro In un modo o nell’altro attraversa una crisi d’identità, proprio come il nostro personaggio, avendo smarrito o non riuscendo a scendere a Patti con la propria natura.

Tutto questo riconduce alla domanda che ci viene costantemente posta e a cui il gioco stesso cerca di dare una risposta “che cosa può cambiare la natura di un uomo?”.
Il diario ovviamente alla fine verrà ritrovato, ma quello che scopriremo sulla nostra vita passata porterà un ulteriore ribaltamento di tutto quello che il gioco ci aveva mostrato fino a quel momento, proponendo nuove chiavi di lettura per quello che abbiamo visto e portandoci a riflettere sulla differenza tra il fare la cosa giusta e fare la cosa migliore.
<<Rivelare più di questo porterebbe il rischio di spoiler all’estremo quindi non parleremo ulteriormente la trama in questo articolo, piuttosto ne discuteremo in un articolo a parte per quelli che il gioco l’hanno già giocato e vogliono condividere le loro opinioni e le loro riflessioni. Per chi il gioco non l’avesse ancora provato consigliamo caldamente di andarlo a recuperare, su GOG potete trovare in vendita l’Enhanced Edition che risolve alcuni bug storici e lo rende compatibile con i sistemi operativi moderni (Quindi non avete scuse, è da provare!)>>